Shadowbox Effect
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                                                         La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie.
                                                        John Maynard Keynes
 
                              

Contratto a Tempo Determinato

Unknown | 12:58 | 0 commenti


Il contratto a tempo determinato prevede una durata precisa e limitata, al termine della quale c'è la risoluzione del rapporto di lavoro. Questa modalità di assunzione ha avuto un rapido incremento in questi ultimi anni: gli avviamenti dei contratti a termine in Piemonte sono passati dai circa 46.000 del 1993, ai 227.439 del 2000, circa il 69% del totale degli avviamenti al lavoro. A questi si può aggiungere una buona parte dei 156.509 "avviamenti senza cancellazione", che sono gli avviamenti a tempo determinato inferiori ai 4 mesi nell'anno solare e i part time inferiori a 20 ore settimanali; infatti, trattandosi di occupazione marginale, ai lavoratori assunti con queste modalità è consentito mantenere l'iscrizione all'Ufficio di collocamento (dati Osservatorio Regionale sul Mercato del Lavoro riferiti all’insieme delle categorie).
Questa forma di rapporto di lavoro è stata inizialmente regolata dalla legge 18 aprile 1962, n° 230 e da alcuni interventi legislativi che hanno modificato l'impostazione iniziale: infatti, l'art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n° 56 ha dato la possibilità alla contrattazione collettiva di inserire ulteriori causali per la stipulazione di contratti a termine. Tuttavia il recente decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, ha modificato integralmente la normativa, abrogando la legge 230/62 e l'art. 23 della legge 56/87. Questo ultimo decreto legislativo è la conseguenza di un accordo separato sottoscritto tra Cisl Uil e Confindustria , raggiunto al termine di una trattativa che era finalizzata a recepire la Direttiva europea 99/70/CE. La Cgil non ha firmato l'accordo per gravi dissensi in merito alla nuova normativa proposta sui contratti a termine che, secondo la Cgil, non rispecchia le indicazioni della Direttiva europea. In realtà la Direttiva europea recepiva a sua volta un accordo tra le organizzazioni europee dei sindacati e quelle degli imprenditori (l'accordo è allegato alla Direttiva), finalizzato alla prevenzione degli abusi derivanti dalla successione di rapporti di lavoro a tempo determinato. Il nuovo decreto legislativo, invece, effettua un completo stravolgimento delle precedenti disposizioni, poiché mette sullo stesso piano il contratto a tempo determinato e quello a tempo indeterminato, mentre la precedente legislazione (l'art. 1 della legge 230/62) definiva il rapporto di lavoro a tempo indeterminato come normale e il contratto a termine un caso eccezionale. Evidentemente questo cambiamento dell'indirizzo legislativo è finalizzato alla liberalizzazione dei contratti a termine. Al riguardo si possono citare le interpretazioni fornite dalla circolare della Confindustria del 10 ottobre 2001, n. 16766 e dalla circolare 1° agosto 2002, n. 42 del Ministero del lavoro.
In seguito a queste valutazioni e dopo un'attenta lettura del testo del nuovo decreto legislativo la Cgil ha ritenuto necessario avviare un ricorso alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea, considerando tale decreto legislativo in contrasto con le disposizioni della citata Direttiva europea 99/70/CE, soprattutto perché questa considera chiaramente il contratto a tempo determinato un'eccezione, mentre il rapporto di lavoro considerato normale è quello a tempo indeterminato. Resta quindi evidente che su questa nuova legislazione si aprirà un notevole contenzioso.
L'art. 1 del citato d.lgs. 368/01 riconferma comunque l'obbligo di un atto scritto, sottoscritto dall'azienda e dal lavoratore, con i termini e le ragioni del contratto a tempo determinato; l'atto deve essere sottoscritto anteriormente o contestualmente all'inizio del rapporto di lavoro, ma copia di tale atto deve essere consegnata al lavoratore entro cinque giorni dall'inizio della prestazione lavorativa (l’atto scritto non è necessario per i rapporti di lavoro puramente occasionali non superiori a 12 giorni). È utile ricordare che l’assenza dell'atto scritto all’inizio dell’assunzione o dell'eventuale proroga, come pure impiegare il lavoratore in mansioni diverse da quelle definite nelle causali d'assunzione, costituiscono un valido motivo per ritenere illegittimo il termine del rapporto di lavoro e pretendere il riconoscimento del rapporto a tempo indeterminato.
Il rapporto di lavoro non può essere interrotto prima del suo termine stabilito (salvo per giusta causa come, ad esempio, gravi violazioni delle norme disciplinari); allo stesso modo il lavoratore non può essere posto in cassa integrazione (salvi casi eccezionali come gravi eventi naturali, quindi per fatti indipendenti dalla volontà aziendale). Tuttavia si deve anche ricordare che, nell’eventualità che sia il lavoratore ad interrompere il rapporto di lavoro prima della scadenza stabilita, può incorrere in una richiesta di risarcimento danni da parte dell’azienda, se la stessa dimostra in giudizio che effettivamente ha subito un danno per l’interruzione del rapporto di lavoro prima del termine stabilito. Ovviamente tale dimostrazione è molto difficile, soprattutto nei rapporti di lavoro che interessino le qualifiche professionali medie e basse, però il problema si potrebbe porre per le qualifiche professionali più elevate.
Le aziende possono assumere con contratti a termine facendo riferimento a "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo". La genericità di queste formulazioni sembrerebbe consentire ampia discrezionalità alle imprese nell'utilizzo dei contratti a termine, tuttavia molti giuslavoristi ritengono necessario una descrizione specifica delle ragioni che consentono l'apposizione del termine, non essendo sufficiente un riferimento generico al testo del citato art. 1; allo stesso modo si pronuncia anche la citata circolare di Confindustria (vedi l'interpretazione relativa all'art. 1). Tra le ragioni di carattere sostitutivo è utile comunque indicare quanto stabilito dall'art. 4 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 riguardo la possibilità di assumere contratti a termine in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo.
È opportuno aggiungere che il lavoratore assunto a tempo determinato mantiene l'iscrizione al Collocamento, secondo le norme previste dall'art. 4 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181; mentre la normativa precedente prevedeva tale possibilità solamente per i contratti di durata inferiore o uguale a quattro mesi.
L'art. 3 del d.lgs. 368/01 stabilisce alcuni divieti espliciti di assunzione dei contratti a termine in alcune determinate circostanze:
sostituzione dei lavoratori in sciopero;
per mansioni ricoperte da lavoratori licenziati con procedura collettiva (legge 223/91) nei sei mesi precedenti, a meno di un accordo sindacale di deroga; in ogni modo il divieto non opera nei casi di contratti a termine con una durata iniziale non superiore a tre mesi, quelli per la sostituzione degli assenti, come nei casi previsti dall'art. 4 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (congedi parentali), e quelli effettuati ai sensi dell'art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (assunzione a termine dalle liste di mobilità);
per svolgere mansioni di lavoratori posti in cassa integrazione;
nelle aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. 626/94.
È opportuno rilevare evidenti ambiguità in alcuni di questi divieti, in particolare quello previsto nei casi di precedenti licenziamenti di lavoratori da cui si può derogare per contratti di durata "iniziale" non superiore a tre mesi: la formulazione lascerebbe intendere la possibilità di prorogare il contratto, aggirando palesemente il divieto. I dubbi interpretativi sono rafforzati da fatto che manca una qualsiasi definizione di sanzioni nell'eventualità di una violazione di questi divieti, a differenza di quanto previsto, nelle analoghe situazioni, per il lavoro interinale.
L'art. 4 del d.lgs. 368/01 consente la possibilità di prorogare il contratto a termine: la proroga può essere attivata solamente per i contratti che hanno una durata iniziale inferiore ai tre anni; può essere fatto una sola volta per la stessa attività e la durata complessiva del contratto iniziale e della successiva proroga non può comunque superare i tre anni. Anche in questo caso viene modificata consistentemente la legge precedente, che prevedeva esplicitamente la forma scritta e la durata della proroga non poteva essere superiore a quella del primo contratto a termine. In ogni caso la proroga deve esser giustificata da ragioni oggettive, di cui l'onere della proroga è a carico del datore di lavoro: ciò farebbe supporre la necessità di una forma scritta. La proroga deve essere concordata con il lavoratore e comunicata al competente centro per l'impiego prima della scadenza del primo contratto. È utile aggiungere che questa nuova normativa sulle proroghe non può essere applicata ai contratti a termine già in corso all'entrata in vigore del d.lgs 368/01, cioè al 24 ottobre 2001, pertanto detti contratti seguiranno la precedente normativa, come stabilito dall'art. 11, comma 3, di detto decreto legislativo.
Il cosiddetto "pacchetto Treu", cioè la legge 24 giugno 1997, n° 196 (art. 12), ha stabilito una certa elasticità rispetto alla gestione dei termini di scadenza dei contratti stessi, che è stata ripresa dall'art. 5 del d.lgs. 368/01. Con questa disciplina è possibile una prosecuzione temporanea del rapporto di lavoro, in relazioni alle causali di assunzione (ad esempio: per finire il lavoro per cui è stato attivato il contratto a termine). Il margine di tempo entro il quale il rapporto può proseguire oltre la scadenza è fissato in 20 giorni per i contratti a termini inferiori a 6 mesi, 30 giorni per quelli di durata superiore. Per il lavoratore è prevista una maggiorazione della retribuzione pari al 20 per cento fino al decimo giorno successivo alla scadenza iniziale, del 40 per cento per ogni giorno ulteriore. L'eventuale superamento dei predetti margini di tolleranza implica automaticamente la trasformazione in contratto a tempo indeterminato.
L'eventuale riassunzione del lavoratore con un nuovo contratto a termine, deve prevedere un determinato intervallo di tempo dopo la scadenza del precedente contratto: tale intervallo è previsto nella misura di 10 giorni, per i contratti di durata inferiore a 6 mesi, di 20 giorni, per quelli di durata superiore. Il mancato rispetto di questi intervalli viene sanzionato con l'obbligo aziendale di trasformare il secondo contratto in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Invece nel caso di un'assenza completa d’intervallo, la sanzione prevista per l’azienda è l’assunzione del lavoratore a tempo indeterminato già dal primo contratto a termine.
Tutti tre i casi citati, proroga, prosecuzione o riassunzione, possono realizzarsi solamente con il consenso del lavoratore interessato. La tabella seguente illustra le situazioni che si possono determinare alla scadenza del contratto di lavoro a tempo determinato, con le relative sanzioni in cui incorrono le aziende nel caso di violazione delle normative legislative sopra richiamate.
Contratti a termine: regole e sanzioni
Caso
Regola
Sanzioni
Prosecuzione:
Scaduto il termine originario oppure quello prorogato, il datore di lavoro può chiedere la prosecuzione per un periodo massimo di 20 o 30 giorni, in relazione alla durata del contratto: inferiore o pari/superiore a sei mesi. Al lavoratore sarà corrisposta una maggiorazione retributiva del 20% per i primi 10 giorni e del 40% per successivi.
Il superamento dei termini massimi di 20 o 30 giorni, è sanzionato con la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Proroga:
Prima della scadenza del termine stabilito, il datore può concordare con il lavoratore la proroga del contratto iniziale, per una sola volta, per ragioni oggettive e per una durata complessiva (contratto iniziale + proroga)  non superiore a tre anni.
La violazione di questa normativa, compresa l'eventuale prosecuzione, comporta la trasformazione a tempo indeterminato.
Riassunzione:
Scaduto il primo contratto, l'azienda ed il lavoratore possono stipularne un altro, dopo che sia passato un periodo minimo di 10 giorni per contratti inferiori a sei mesi e 20 giorni per contratti di durata superiore.
Il mancato rispetto degli intervalli comportano la conversione a tempo indeterminato dal 2° contratto. La completa assenza d’intervallo, tra un contratto e l’altro, comporta la conversione a tempo indeterminato dal 1° contratto.
Trattamento economico e normativo
L'art. 6 del d.lgs 368/01 riconferma le precedenti disposizioni (art. 5 della legge 230/62) stabilendo che ai lavoratori assunti "a termine" si applicano le stesse norme contrattuali dei lavoratori a tempo indeterminato (inquadramento professionale, ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto ecc.), in proporzione alla durata del contratto. Ovviamente si può presentare anche il caso che un contratto a termine sia contemporaneamente anche a tempo parziale, con una conseguente retribuzione proporzionata all'orario di lavoro.
Nei casi di malattia si applica quanto stabilito dall'articolo 5 della legge 11 novembre 1983; mentre per la maternità il divieto di licenziamento cessa con la scadenza del termine del contratto (vedi la Decisione del Consiglio di Stato, sez. VI, 13 novembre 2001, n. 5821), tuttavia intervengono le norme previste dal decreto interministeriale 21 dicembre 2000, n. 452, che consente il percepimento dell'assegno di maternità per periodi successivi al contratto di lavoro. Nel caso di infortunio sul lavoro, che si prolunga oltre la data del termine del contratto, il lavoratore continua a ricevere il normale trattamento da parte dell'Inail fino al termine dell'infortunio.
Le attuali percentuali massime di assunzioni di contratti a termine e le relative causali, stabilite nei Ccnl, valgono fino alla scadenza del Ccnl stessi (quindi per la categoria dei metalmeccanici fino al 31 dicembre 2002), "salve diverse intese" tra le Parti. Ciò è stabilito dall'art. 11, comma 2 del d.lgs 368/01, contemporaneamente l'art. 10, comma 7, dello stesso decreto legislativo, demanda ai Ccnl la definizione di nuovi limiti quantitativi nell'uso dei contratti a termine. Tali limiti dovranno essere stabiliti escludendo però alcuni casi specifici: l'avvio di nuove attività (per un periodo da definirsi nei Ccnl), le ragioni di carattere sostitutivo e altri casi che non riguardano il settore metalmeccanico (lavoro stagionale). Sono anche esenti dai limiti i contratti a termine stipulati dopo uno stage e quelli per lavoratori con età superiore a 55 anni. Invece l'aspetto più rilevante è quello stabilito dal successivo comma 8, che prevede l'esclusione dai limiti di carattere quantitativo per i contratti a termine di durata inferiore a sette mesi, compresa però l'eventuale proroga. Lo stesso comma 8 precisa però che l'esclusione non si applica nel caso di reiterazione di contratti a termine di durata inferiore a sette mesi, ma per prestazioni identiche a quelle che sono state oggetto di precedenti contratti a termine, stipulati con lo stesso o con altri lavoratori.
Inoltre è necessario ricordare che il citato decreto legislativo 368/01 ha fatto anche decadere le norme sui contratti a termine stabiliti dagli accordi interconfederali con la Confindustria (art. 10 - accordo interconfederale del 18 dicembre 1988) e con la Confapi (accordo interconfederale del 13 maggio 1993); allo stesso modo può essere considerato il caso degli eventuali accordi interconfederali stipulati a livello territoriale, soprattutto se fanno riferimento a norme di legge abrogate dal citato decreto 368/01 (ad esempio, l'Api di Torino considera decaduto l'accordo interconfederale provinciale del 3 novembre 1989).
Il d.lgs 368/01 rinvia ai Ccnl la regolamentazione in merito agli aspetti applicativi sul diritto alla formazione per i lavoratori con contratto a termine (art. 7); inoltre stabilisce il diritto degli stessi lavoratori ad essere informati circa i posti vacanti a tempo indeterminato che si rendessero liberi nella stessa impresa (art. 9), in modo da far valere il diritto ad essere assunti a tempo indeterminato. Allo stesso modo viene rinviato al Ccnl la definizione delle modalità e dei contenuti delle informazioni sindacali che le aziende devono dare alle Rsu in merito ai contratti a termine.
È utile aggiungere che l'art. 8 stabilisce che solamente i lavoratori con contratto a tempo determinato superiore a nove mesi sono computabili agli effetti dell'art. 35 della legge 300/70 (diritti sindacali in relazione al numero di dipendenti); mentre in precedenza erano tutti generalmente computabili prescindendo dalla durata del rapporto di lavoro.
L'attuale disciplina contrattuale fa riferimento ovviamente alla legislazione precedente, pertanto si può considerare una normativa transitoria fino alla scadenza naturale dei Ccnl (31 dicembre 2002). In particolare l'art. 1 bis – Disciplina generale – sezione terza – lettera B) del Ccnl Federmeccanica  e l'art. 8, lettera C), Disciplina generale del Ccnl Unionmeccanica-Confapi sono stati sottoscritti in base all'art. 23 della legge 56/87).
Il Ccnl impone due importanti limiti sui contratti a tempo determinato: il primo di ordine quantitativo con apposite percentuali in rapporto agli occupati a tempo indeterminato, che è possibile aumentare attraverso un accordo sindacale; il secondo legato alle causali di assunzione dei lavoratori a contratto a termine (vedi la successiva tabella). Queste ultime fanno riferimento, in modo evidente, ad attività limitate nel tempo, sia per la forma d'attività (punta di mercato, lavori particolari ecc.), che per la sostituzione di lavoratori assenti per periodi prevedibili. È utile ribadire che le assunzioni con contratti a termine che fanno riferimento a queste causali sono tenute a rispettare le attuali percentuali massime stabilite dal citato art. 1 bis del Ccnl, fino alla scadenza del medesimo, in attesa del rinnovo del medesimo, dove si dovrà rinegoziare la materia (al riguardo vedi anche la circolare di Confindustria del 10 ottobre 2001, n. 16766).
Limiti contrattuali di assunzione dei contratti a termine
percentuale massima in rapporto agli addetti a tempo indeterminato
causali
Federmeccanica:
10% fino a 100 occupati;
8% oltre i 100 occupati
1) quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera, di un servizio o di un appalto definiti o predeterminati nel tempo;
2) per punte di più intensa attività derivanti dall'acquisizione di commesse o per lancio di nuovi prodotti che, per i volumi o per i termini di consegna, non sia possibile eseguire in base al normale organico e ai normali programmi di lavoro;
3) per l'esecuzione di attività di installazione o montaggio soggette a particolari condizioni climatico-ambientali che non consentono la protrazione delle lavorazioni in altro periodo dell'anno;
4) per l'esecuzione di particolari commesse che, per la specificità del prodotto ovvero delle lavorazioni, richiedono l'impiego di professionalità e specializzazioni diverse da quelle normalmente impiegate;
5) quando l'assunzione abbia luogo per sostituire lavoratori assenti per ferie, esclusi i casi di chiusura dell'unità produttiva, oppure in aspettativa.
Unionmeccanica-Confapi:
12% fino a 100 addetti, con un minimo di 3 assunzioni;
8% oltre i 100 addetti, con un minimo di 12 assunzioni
- incrementi di attività produttiva, di confezionamento e di spedizione del prodotto, in dipendenza di commesse eccezionali e/o termini di consegna tassativi;
- punte di più intensa attività derivate da richieste di mercato che non sia possibile evadere con il normale potenziale produttivo per le quantità e/o specificità del prodotto e/o delle lavorazioni richieste;
- esecuzione di attività di installazione o montaggio soggette a particolari condizioni climatico-ambientali che non consentono la protrazione delle lavorazioni in altro periodo dell'anno;
- esigenze di collocazione nel mercato di diverse tipologie di prodotto non presenti nella normale produzione;
- esigenze di professionalità e specializzazioni diverse da quelle disponibili in relazione all'esecuzione di commesse particolari;
- sostituzione di lavoratori assenti per ferie o per aspettativa a qualunque titolo concessa, con esclusione dei periodi di chiusura collettiva per ferie dello stabilimento.
Diritti sindacali d'informazione preventiva
La norma contrattuale sancisce il diritto delle Rsu ad essere preventivamente informate sulle eventuali assunzioni a contratto a tempo determinato e le relative motivazioni; l’eventuale violazione, da parte aziendale, di questa norma può essere considerata un comportamento antisindacale e come tale soggetto alle sanzioni di legge (art. 28 - legge n° 300/70). L’informazione preventiva è un aspetto molto importante che, se gestito correttamente, consente un adeguato controllo sindacale sull’utilizzo di queste modalità di assunzione.
Nel rinnovo del Ccnl Federmeccanica dell'8 giugno 1999 è stata inserita una rilevante modifica con l'introduzione del criterio della priorità, in caso di assunzioni a tempo indeterminato a parità di mansioni, per coloro che hanno effettuato almeno due contratti a termine nella stessa azienda, l'ultimo dei quali è terminato negli ultimi dodici mesi.
Invece la successiva norma transitoria, inserita con riferimento all'accordo interconfederale del 18 dicembre 1988 - art. 10, che stabiliva l'assunzione dei contratti a termine di inserimento con il limite di età abbassato da 29 a 25 anni, si deve ritenere decaduta, come il citato accordo interconfederale, per effetto delle nuove disposizioni stabilite dal decreto legislativo 368/01.

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